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Mons. Bertolone: "La Mafia non ha nulla a che spartire con il cristianesimo". Presentato a Castrovillari il corso di formazione ''La Chiesa di fronte alla 'ndrangheta''

02/10/2019

Il video integrale della conferenza stampa. (clicca)

"La Mafia non ha nulla a che spartire con il cristianesimo. Si può fare antimafia in tante forme. Ci impegniamo a formare sacerdoti con la schiena dritta. Capaci di dire sì e no". Sono le parole dell'Arcivescovo Mons. Vincenzo Bertolone, Presidente della Conferenza Episcopale Calabra, espresse ieri a Castrovillari durante la conferenza stampa per la presentazione del corso “La Chiesa di fronte alla ‘ndrangheta", giunto al terzo ciclo della sua istituzione nel percorso di studio dell'Istituto Teologico Calabro "San Pio X" della Pontificia Facoltà Teologica dell'Italia meridionale. 
La conferenza stampa, moderata da don Giovanni Scarpino, ha visto gli interventi anche del Vescovo di Oppido M.-Palmi, Mons. Francesco Milito, e del direttore dell'istituto Teologico Calabro Mons. Gaetano Currà. 

Con grande attenzione i giornalisti hanno ascoltato le parole dei relatori, che in maniera dettagliata ed approfondita hanno delineato le finalità del corso, voluto fortemente dalla Cec, che già conta più di cinquanta iscritti. 
Mons. Bertolone, già postulatore della causa di Padre Pino Puglisi e da qualche giorno anche del magistrato Livatino, racconta alla stampa calabrese le difficoltà che ci sono nel cambiare la mentalità.  «Che preti saremmo - ha detto Mons. Bertolone - se noi ce ne andassimo da questo territorio...eppure in passato mi è stato sconsigliato di fare questo corso quì in Calabria. Racconto questo episodio per spiegare come la mentalità può e deve cambiare solo col tempo e con l'impegno di tutti». «"Qualunque cosa accada, io andrò fino in fondo" - ha detto Mons. Bertolone citando Giorgio Ambrosoli - serve formare uomini con valori alti e con il piacere dell'onestà». 
Per Mons. Bertolone "lo Stato deve fare di più contro le mafie. La sola magistratura o le sole forze dell'ordine non bastano. Ci vuole altro. E ciò che bisogna risolvere, in primo luogo, é il problema del lavoro anche per non perdere le nostre migliori intelligenze. Non c'è un calabrese o un siciliano che va via dalla propria terra e non riesce. Sono talenti che vanno via. Quello che perdiamo é il meglio".
Nella conferenza stampa è stato riperso il cammino fatto e uno sforzo ecclesiale ancora da concretizzare, dinanzi a tante vicende lontane dalla verità del Vangelo e macchiate dal peccato. Tanti i documenti e appelli dei Pontefici e dell’episcopato calabro (sin dal 1916) che i relatori hanno richiamato all’attenzione dei giornalisti, delineando la loro preoccupazione per la formazione del futuro clero di Calabria. 
Da diversi anni Mons. Bertolone evidenzia come "le mafie sono qualcosa di ancora più grave di una struttura di peccato", assimilate a "una religione atea, non parallela, ma antitetica al cristianesimo, che viene soltanto scimmiottato nelle pseudodevozioni, nei pizzini, nei padrinati sacramentali, nelle processioni che pretendono di gestire gli affiliati alle mafia, o contigui”. "Prima che criminali – secondo Mons. Bertolone -, essi sono peccatori; aggiungono i propri peccati a quelli delle organizzazioni mafiose, in quanto tali. Ne derivano strutture di peccato, ovvero concrezioni di scelte malvagie che si ribellano alla volontà divina e producono quello che san Paolo chiamava il ‘salario del peccato’, cioè la morte: la morte fisica, che le azioni mafiose causano dolorosamente tra gli esseri umani, quella radicale, che rimarrà – nel momento supremo del giudizio di Dio – inconciliabile con la vita eterna”.
Per mons. Bertolone dinanzi a questi atteggiamenti “la comunità cristiana deve sempre prediligere la via della testimonianza di fede, fino al martirio, ove occorra. È questa la lotta non violenta del buon grano, che cresce negli stessi territori in cui vivono, crescono e muoiono tutti gli altri. Questa lotta ha un luogo ‘nativo’: la comunità parrocchiale”. Più volte Mons. Bertolone ha richiamato all’attenzione dei giornalisti anche le figure di santità che come preti hanno lottato per dare un cambiamento a questa terra del sud: il Beato Pino Puglisi, don Carlo De Cardona, don Francesco Caporale e don Italo Calabrò. 

Per questo ha veramente un senso per l'episcopato calabrese aver pensato come prima regione ecclesiastica italiana ad un corso indirizzato principalmente ai futuri preti di Calabria e aperto anche ai fedeli laici appartenenti anche a gruppi, associazioni e movimenti. 
Per Mons. Currà questo percorso rappresenta "un orgoglio e una responsabilità", poiché l’attivazione del corso parte dalla consapevolezza di offrire un significativo contributo alla Chiesa e alla società di Calabria nel cammino di liberazione lento, ma ormai deciso ed efficace, che affranchi l’inveterato sistema di violenza per un futuro di sicuro progresso nella pratica della giustizia e della legalità, antidoto primario, unitamente ad una forte coscienza civile, per il bene comune e della necessità di un impegno personale e condiviso. 

Mons. Francesco Milito, responsabile delle azioni di contrasto alla 'ndrangheta per conto della Cec,nel suo intervento ha evidenziato che “per comprendere gli effetti devastanti degli strani equilibri tra malaffare e società civile in alcuni territori c'è voluto parecchio tempo”,  poichè si è dinanzi a “una realtà diabolica capace di dialogare con le mafie di tutto il mondo; una criminalità evoluta che sta inquinando tutto”.
Il vescovo Milito ha poi delineato il corso che partirà ufficialmente l'11 ottobre. Si avvierà nella Casa di Spiritualità “Oasi Bartolomea” di Lamezia Terme con la presentazione a cura di monsignor Giuseppe Schillaci, vescovo di Lamezia Terme, del professor Giorgio Andolfi e del professor Luigi Zaccaro. Durante il semestre formativo saranno presenti anche le esperienze testimoniali dell'imprenditore Antonino De Masi (18 ottobre), del responsabile del consorzio di cooperative della Locride, Vincenzo Linarello (8 novembre) e del presidente del Tribunale per i minori di Reggio Calabria, Roberto Di Bella. Parteciperanno anche diversi magistrati, quali Vincenzo Capomolla, procuratore aggiunto alla Dda di Catanzaro e Giovanni Bombardieri, procuratore della Repubblica della Città dello Stretto.
Il calendario delle lezioni è distribuito nel corso del 1°semestre (ottobre 2019 - gennaio 2020), con una didattica intrecciata sul piano frontale, seminariale, laboratoriale.  
Lo sviluppo dei tempi programmati è previsto per Moduli. Ognuno di essi rappresenta un’unità didattica in sè completa, ma chiaramente ordinata e correlata alle altre per un’ organicità tale da offrire un inquadramento anche per approfondimenti futuri. Ogni modulo consta di quattro ore accademiche (in totale 48) che costituiscono l’acquisizione di 6 ECTS secondo la normativa dell’ITC.



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