13/06/2023
«Ricordati di tutto il cammino che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto percorrere…, per farti capire che l'uomo non vive soltanto di pane, ma di quanto esce dalla bocca del Signore” (Dt 8, 2-3).
Mosè sembra parlare a noi, oggi, a noi, sacerdoti, a Voi fedeli laici, associazioni e a tutta la nostra comunità, qui riunita per celebrare il giovedì del Corpus Domini per la prima volta in questa Cattedrale adeguatamente rinnovata e restaurata. E’ una celebrazione diocesana voluta dal clero e ben accolta da tanti fedeli laici. Certamente per un bisogno di unità e per rinnovare la coscienza dell’appartenenza al medesimo corpo. Ma anche – ne sono convinto – per qualcosa di più: per il desiderio di ricompattarsi attorno all’Eucaristia, pane spezzato e alimento fondamentale nel deserto della vita, in modo da vivere il cammino sinodale ed affrontarlo senza paure e con coraggio. Abbiamo bisogno di pane, ma anche di quanto esce dalla bocca del Signore, dell’Eucaristia, alimento del nostro cammino sinodale, ma anche di tanto discernimento spirituale!
Vedo un forte legame tra il cammino sinodale e l’Eucaristia. Il cammino sinodale ha la sua fonte e il culmine nella partecipazione piena e consapevole alla mensa della Parola e del Pane Eucaristico: l’Eucaristia è l’evento sinodale per eccellenza, ci fa vivere l’esperienza che identifica il nostro essere popolo di Dio in cammino dietro a Gesù. Celebriamo l’Eucaristia, ma è l’Eucaristia che ci fa essere Chiesa. Il cammino sinodale che stiamo vivendo è plasmato e alimentato dall’Eucaristia. L’Eucaristia ci accoglie e ci dà vita, unifica le differenze, fa incontrare le generazioni, genera e nutre la sinodalità. L’essere “sinodale” è camminare in armonia con la grazia dello Spirito. L’Eucaristia ci rende sinodali, facendo sì che l’unità prevalga sulle differenze che possono restare tali, senza che venga meno la comunione ecclesiale.
Il cammino sinodale che stiamo vivendo, seppure con qualche resistenza e fatica in più, esige che la nostra Chiesa sia sempre più ciò che è chiamata ad essere: adunanza del popolo dei battezzati con la ricchezza dei suoi carismi e la varietà dei ministeri a servizio dell’unità. Fa emergere il bisogno di dialogo, del dialogo che nasce dall’ascolto reciproco, dalla conoscenza, dall’amicizia, da esperienze spirituali e pastorali condivise, da frequenti incontri anche conviviali. E’ un tempo di prova ed una sfida per la nostra fedeltà a Dio ed alla chiesa. Vengono fuori le nostre povertà e fragilità, le incertezze e infedeltà, le difficoltà del cammino. Ma la Parola c’invita a “non dimenticare il Signore, tuo Dio, che ti ha fatto uscire dalla terra d'Egitto, dalla condizione servile; che ti ha condotto per questo deserto grande e spaventoso, luogo di serpenti velenosi e di scorpioni, terra assetata, senz'acqua; che ha fatto sgorgare per te l'acqua dalla roccia durissima; che nel deserto ti ha nutrito di manna sconosciuta ai tuoi padri” (Es. 8, 14-16)
Non dimenticare mai i benefici del Signore e la sua fedeltà: “sono come un olivo verdeggiante nella casa di Dio; confido per sempre nella sua bontà” (Sl 52, 10).
C’è una sfida particolare per noi, cari presbiteri: diventare l’unica “famiglia del presbiterio diocesano”, nella quale non si vive l’uno accanto all’altro per una funzione da svolgere, ma “l’uno per l’altro” per una comune vocazione e missione. È la sfida dell’uscire dallo stato di solitudine, a volte “dorato”, a volte tragico, che ci stimola a reimparare a vivere e a camminare insieme, per accogliere il confratello come una risorsa umana e spirituale, come un compagno di viaggio. E’ la sfida che ci porta a riconoscere che anche il rapporto con i fedeli laici, spesso conflittuale e superficiale e poco fraterno, va ripensato e riformulato. E’ la sfida a vincere il tarlo del clericalismo sia quando ad incarnarlo sono i preti (“sono io il parroco e decido io”) sia quando a presentarlo sono i laici cosiddetti impegnati (“io sono…, io rivesto il ruolo di…, io ho la fiducia del parroco… ”). E’ la sfida del ruolo che viene esercitato nello stile del potere costituito e del comando, del protagonismo e del sentirsi al di sopra di tutti.
E’ quanto mette a dura prova le nostre comunità ed il cammino sinodale.
In questa prospettiva è urgente programmare un cammino sinodale che abbia nell’Eucaristia e nella Parola la sua forza e vitalità. L’Eucaristia e l’ascolto della Parola di Dio e dei fratelli sono il binario fondamentale su cui impostare il nostro stile ecclesiale. Ascolto innanzi tutto della Parola di Dio, dalla quale nessun cristiano può prescindere e ascolto reciproco che si fa attenzione all’altro e al suo mondo interiore, dialogo vero e sincero. Se è vero che come pastori abbiamo una particolare assistenza dello Spirito nell’esercizio del ministero, è anche vero che ogni battezzato che si pone in ascolto della Parola e vive nella semplicità e umiltà il suo cammino di fede può aiutare la comunità a crescere nella comprensione della volontà di Dio. Presbiteri, diaconi, ministri straordinari della comunione, volontari della caritas, fedeli laici siamo tutti compagni di viaggio. «Voi siete tutti compagni di viaggio (σύνοδοι) in virtù della dignità battesimale e dell’amicizia con Cristo», scriveva sant’Ignazio di Antiochia ai cristiani di Efeso.
Oggi sembra di moda parlare di sinodalità e forse ne abusiamo anche, dimenticando che nel suo uso all’inizio, sinodi erano le persone, sinodo è Cristo, nostro compagno di cammino. Sinodo e Chiesa sono sinonimi e questo lo capiamo soltanto se riconosciamo che siamo sempre «persone che si incontrano». Sinodi siamo allora noi, pellegrinante popolo di Dio.
Lo spiega san Paolo con parole forti nella seconda lettura: “Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all'unico pane” (Cor 10, 17). Non si può far parte di una comunione nell’indifferenza, nell’anonimato e nell’ostilità. Chi mi sta accanto, colui o colei che il Signore mette sulla mia strada, è il mio “prossimo”, cioè qualcuno da amare. Ce lo chiede il Vangelo. E’ un amore concreto non platonico o sentimentale, quello che nella realtà quotidiana si fa attenzione, ascolto, dialogo e amicizia, servizio. E’ possibile che ce ne dimentichiamo, quando invece siamo chiamati ad avere, proprio in quanto cristiani, attenzione particolare alla realtà degli ultimi, dei poveri, degli emarginati, degli immigrati, degli ammalati, dei carcerati. Ci dimentichiamo che se l’Eucaristia non si esprime nel volersi bene all’interno della comunità, le molte messe che celebriamo o partecipiamo sono poco fruttuose e impoveriscono più che arricchirci interiormente. Eppure il Signore continua a darsi gratuitamente sino alla fine. Diceva don Giuseppe Dossetti che fino a quando nelle nostre città si celebrerà una Eucaristia, cioè la manifestazione gloriosa, gratuita dell’amore senza limiti del Verbo fatto carne per l’uomo, la città sarà salva.
Con questa solenne celebrazione vogliamo comunicare con Gesù e proclamare per le vie della città l’amore di Dio fattosi carne, visibilità. E’ Lui il Signore che ci ha radunati, «il pane vivo disceso dal cielo» (Gv 6,51), «il cibo per coloro che camminano» (cibus viatorum), come dice san Tommaso. Oggi vogliamo ridare vigore al nostro cammino sinodale nel segno del Pane. Ritorniamo al gusto del pane, ci ricordava il recente Congresso eucaristico nazionale. Ritroviamo il gusto del pane condiviso e da condividere, del pane spezzato che dà a tutti Vita e la dà in pienezza. È il mistero di una comunione che è pienezza di relazione, un’unità che non è uniformità, ma armonia delle differenze, convivialità.
La convivialità, il perdono, l’Eucaristia e l’amore fraterno sono l’essenza della sinodalità. Anche la Chiesa è convivialità, perdono, comunione, deposizione di ogni rancore, attrazione delle diversità. O meglio, non è mai pienamente così, ma è chiamata continuamente ad esserlo. Ciascuno è unito a Cristo Gesù e all’unico corpo ecclesiale, nell’unicità del dono dello Spirito. Guai perciò se perdessimo il gusto di questa unicità, proprio come del pane fatto bene, del buon pane.
In un mondo che è lacerato da divisioni e da guerre abbiamo bisogno del gusto del pane che riconcilia e unisce, costruendo ponti, facendo rete, mettendo in dialogo le persone e le comunità, riconciliandoci con la natura e l’ambiente circostante. È il cammino di tutti e soprattutto di noi credenti. Chiediamo la grazia di sperimentare il senso ecclesiale dell’Eucaristia che ogni giorno celebriamo nelle comunità. Chiediamo che dall’Eucaristia sgorghi un agire più conseguente e meno incoerente, un agire più consapevole di quanto ci manca ancora, per realizzare appieno il precetto di Gesù e il suo Vangelo. Amen.